Quante chiacchiere inutili sulla sanità pubblica

Ad un intervento del medico e quindi tecnico Sergio Harari, intitolato "Costituente per la Sanità" pubblicato sul Corriere della Sera di mercoledì 2 luglio (leggi l'articolo qui) se ne è aggiunto un altro del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, ""Sanità, la svolta necessaria" pubblicato sabato 5 luglio (leggi l'articolo qui).
Mi permetto di dire che mi sono parsi interventi di rimasticatura di molte delle opinioni che da circa 25 anni vengono espresse sui problemi che affliggono il Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Certo è impossibile elaborare in pochissimo spazio risposte complesse a problemi altrettanto complessi. L'unica cosa che è parsa "originale" rispetto al nulla di questi anni è l'appello alla politica di "battere un colpo".
Finalmente si torna a riconoscere la salvaguardia del diritto alla tutela della salute sancito dalla Costituzione come elemento imprescindibile dalla responsabilità delle Istituzioni pubbliche.
Ho avuto l'onore di essere Assessore alla Sanità della Regione Veneto dal 1992 al 1994, nel periodo di massima disistima della politica da parte dell'opinione pubblica. Allora mi domandavo come sarebbe stato il futuro. Ora quel futuro lo abbiamo dietro di noi e chi lo ha "costruito" non dovrebbe esserne fiero (o magari lo è).
Certo "Mani pulite" aveva scoperchiato le magagne del sistema politico ma a ciò si aggiunse una forsennata campagna, che dura tutt'oggi, contro il SSN, dipinto come un enorme e inutile e deleterio inghiottitoio di risorse finanziarie che dalle tasche dei cittadini, anche di quelli - e non erano e non sono pochi - che non le pagavano e non le pagano, finivano nelle tasche dei "corrotti".
Di questa campagna, iniziata peraltro prima di Tangentopoli, giornali e televisioni sono stati gli alfieri. In quel periodo è iniziata l'opera di demolizione dei diritti anche se a quello riguardante la sanità pubblica il primato del demerito va ai governi nei quali Ministro della Sanità fu il liberale Francesco De Lorenzo, il cui slogan era "fuori la politica dalla sanità pubblica".
Già nella legislazione introdotta nel 1991 c'erano le avvisaglie ma fu nel luglio del 1992, sotto l'incalzare concentrico di crisi economica e delle inchieste giudiziarie, in un clima da auto da fè, che il disegno di De Lorenzo, limitandomi a ricordare le cose essenziali, trovò compimento con la separazione degli ospedali dalle USL, la trasformazione di entrambe in aziende e l'avvento del mitico "fasso tutto mi" Direttore generale.
L'impegno che le Regioni misero in campo nel 1993 in sede di revisione legislativa, insieme al nuovo Ministro Maria Pia Garavaglia, riuscì solo a limitare molto modestamente i danni.
La Sanità pubblica era di fatto privatizzata e il risultato è sotto gli occhi di tutti: decadenza inarrestabile del SSN, demotivazione del personale (la risorsa umana e professionale fondamentale), totale assenza di una classe politica che abbia un minimo di conoscenza della complessità del sistema e quindi in grado di elaborare proposte e approvare leggi conseguenti con l'obiettivo di restituire ai cittadini il diritto alla tutela della salute.
Dal 1995, il destino della Sanità pubblica in mano a pochissime persone. Le riassumo: Il Ministro della Salute (non più Sanità, la demagogia narcisistica non ha limiti in fatto di fantasia) e i 19 Assessori regionali più i due provinciali di Trento e Bolzano (se i Presidenti permettono loro di esercitare il proprio ruolo), coadiuvati, diciamo, dalle Commissioni Sanità di Camera e Senato e dei 19 Consigli regionali e provinciali.
Scomparsi i partiti e non esistendo più da trent'anni i comitati di gestione o consigli di amministrazione con il compito di formare amministratori e legislatori, queste pochissime persone, medici o amministrativi sanitari (per la fallace idea che conoscono la sanità) o altri generalmente digiuni o con una conoscenza molto superficiale del settore, dovrebbero essere in grado risposte adeguate alla profonda crisi del sistema.
Harari e Fontana la riconoscono e propongono una "Costituente per la Sanità" il cui compito precipuo consisterebbe nell'attuare l'alleanza tra pubblico e privato che esiste già, stante il fatto che la quasi totalità del privato è convenzionato con il SSN. Bene, quindi, la "Costituente" a patto si riconosca che il vero nodo sta nelle regole che governano la parte pubblica del SSN, con indispensabile riferimento a due questioni ineludibili: la riforma dell'assetto complessivo (nazionale, regionale e in particolare locale) ripristinando, tra gli altri, il rapporto oggi totalmente inesistente tra Sanità e territorio e una politica di medio e lungo periodo del personale che ripristini anch'essa il senso di appartenenza e l'orgoglio degli operatori di essere i protagonisti della "missione" di tutelare la salute dei propri cittadini, giova ricordarlo, senza alcuna distinzione.
La domanda da porsi è se esiste una maggioranza politica disponibile ad una riforma così impegnativa. Guardandosi in giro c'è da essere pessimisti, ma non è la prima volta può accadere il "miracolo".
Come si vede, non è stato accennato al finanziamento perché si ritiene che, senza una progettualità e una riforma coerenti, qualunque incremento pure sulla carta doveroso del Fondo Sanitario Nazionale (o Interregionale, che dir si voglia) non porterebbe a migliorare il SSN.

Roberto Buttura
Già Assessore alla Sanità Regione Veneto