Tar Lazio Sez. I Quater - Sent. del 13.02.2009, n.
1461 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO 9629 Reg. Ric.
Anno 2008
- Sezione I -quater -
ha pronunciato la seguente
Sentenza
sul ricorso n. 9629 del 2008, proposto da C. Marcello,
contro
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello
Stato presso cui è legalmente domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
previa sospensione, del provvedimento prot.
n. 0236318-2008 reso dal Direttore Generale del Personale e della Formazione
del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della
Giustizia in data 7 luglio 2008, notificato al ricorrente in data 4 agosto
2008, nonché di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e conseguenti;
Visto il ricorso
con la relativa documentazione;
Visto l’atto di
costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti le memorie
ed i documenti prodotti dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti
tutti della causa;
Relatore alla
pubblica udienza dell’8 gennaio 2009 il Primo Referendario Antonella MANGIA;
uditi, altresì, i procuratori delle parti come da verbale;
Ritenuto in fatto
e considerato in diritto quanto segue:
Fatto
Attraverso il
ricorso in epigrafe, notificato in data 2 ottobre 2008, il ricorrente impugna
il provvedimento prot. n. 0236318-2008, con il quale
il Ministero della Giustizia - DAP - Direzione Generale del Personale e della
Formazione ha confermato le determinazioni di cui al provvedimento n.
0180262-2008 del 26 maggio 2008 di diniego del trasferimento richiesto ai sensi
dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92, “non rilevando ulteriori elementi
di valutazione”.
In particolare,
riferisce:
- di essere
assistente di Polizia Penitenziaria, con sede di servizio presso la Casa
Circondariale di Sanremo (IM), distaccato per mandato elettorale presso
- di aver
inoltrato in data 6 maggio 2008 istanza di trasferimento, ai sensi dell’art.
33, comma 5, della legge n. 104/92, presso la C.R. di
Sant’Angelo dei Lombardi o, in alternativa, presso la C.C. di Ariano Irpino, per provvedere all’assistenza continua di suo
nonno, il sig. Rocco C., riconosciuto portatore di grave handicap;
- che, con
provvedimento prot. n. 0180262-2008 del 22 maggio
2008, il Direttore Generale del Personale e della Formazione del D.A.P. respingeva la predetta istanza per carenza del
requisito soggettivo dell’esclusività nell’assistenza;
- di aver
prodotto in data 28 giugno 2008 istanza di riesame, presentando nuove
dichiarazioni, rese da tutti i parenti, da cui si desumeva che per motivi
fondati ed obiettivi nessuno era in grado di assicurare al disabile
l’assistenza continua necessaria;
- che, in data 7
luglio 2008, detta istanza veniva rigettata dal Direttore Generale del
Personale e della Formazione del D.A.P., “non
rilevandosi ulteriori elementi di valutazione”.
Avverso il
provvedimento da ultimo menzionato il ricorrente solleva le seguenti censure:
1) Violazione
dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, in quanto l’Amministrazione si è
astenuta dal comunicare il c.d. preavviso di rigetto;
2) Violazione
dell’art. 3 della legge n. 241/90, atteso che l’Amministrazione si è limitata
ad opporre una giustificazione del tutto generica, inidonea a dare conto,
neppure in minima parte, delle nuove informazioni (suffragate da
documentazione) fornite;
3) Violazione e/o
falsa applicazione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92 e dell’art. 20
della legge n. 53/00. Dalla documentazione allegata all’istanza di
trasferimento si evince che tutti i parenti ed affini entro il terzo grado del
disabile risiedono in località lontane dal luogo di residenza di quest’ultimo o
sono affette da gravi patologie e - ovviamente - non sono disponibili (né
oggettivamente potrebbero esserlo) ad assistere il loro congiunto. In base a
tali incontrovertibili dati non è dato comprendere quali ulteriori elementi
sarebbero dovuti essere forniti per provare il requisito dell’esclusività.
Con atto
depositato in data 6 novembre 2008 si è costituita l’Amministrazione intimata,
la quale - nel prosieguo e precisamente in data 10 novembre 2008 - ha
depositato una memoria, corredata di allegati, nell’ambito della quale ha
preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, adducendo la natura
meramente confermativa del provvedimento in epigrafe rispetto alla precedente
nota prot. n. 0180262-2008 del 26 maggio 2008, non
tempestivamente impugnata. Nel merito, ha sostenuto la legittimità del
provvedimento di diniego adottato in quanto “la documentazione prodotta dal
ricorrente a corredo dell’istanza di trasferimento non prova in alcun modo
l’esclusività dell’assistenza dal medesimo prestata”. In particolare, afferma
che sono state presentate “solo generiche dichiarazioni di indisponibilità
relative a problemi di salute non univocamente comprovanti
l’impossibilità a prestare l’assistenza in questione”.
Con ordinanza n.
5327/2008 il Tribunale ha respinto la domanda incidentale di sospensione,
“considerato che le peculiarità del caso .. inducono a
ritenere necessaria una pronta definizione del ricorso nel merito”.
Con memoria
depositata in data 4 dicembre 2008 il ricorrente ha confutato la natura
meramente confermativa del provvedimento impugnato. Nel merito, ha ribadito che
“non si comprende quale ulteriore prova avrebbe dovuto fornire” al fine di
dimostrare la sussistenza del requisito dell’esclusività.
Il ricorso è
stato introitato per la decisione alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2009.
Diritto
Tale eccezione è
infondata.
In proposito, è
necessario considerare che il provvedimento impugnato rappresenta
l’atto conclusivo del procedimento attivato dal ricorrente con l’istanza
inoltrata al fine di ottenere un riesame della richiesta di trasferimento in
origine avanzata.
Atteso che tale
istanza era corredata da ulteriore documentazione, innovativa rispetto a quella
prodotta in precedenza, appare evidente che l’Amministrazione non ha potuto
esimersi dall’effettuare una nuova valutazione della situazione del ricorrente,
anche se al solo fine di confermare la decisione già assunta.
Ciò detto, il
provvedimento in epigrafe va inteso come una nuova manifestazione di volontà
dell’Amministrazione, suscettibile di produrre un’autonoma lesione e, dunque,
impugnabile.
2. Nel merito, il
ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.
2.1. Come esposto
nella narrativa che precede, il ricorrente sostiene l’illegittimità del
provvedimento con cui l’Amministrazione, in esito al riesame dell’istanza di
trasferimento dal medesimo inoltrata ai sensi della legge n. 104/92, ha
confermato “le determinazioni di cui al provvedimento n. 0180262-2008 del
26/05/2008″, ossia il diniego di trasferimento in precedenza opposto
sulla base della carenza del requisito dell’esclusività “in quanto scarsamente
documentato”.
A tale fine
denuncia, tra l’altro, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 33,
comma 5, della legge n. 104/92 e 20 della legge n.
53/2000 in quanto afferma che - attraverso l’integrazione della documentazione
in origine prodotta - ha fornito prova dell’indisponibilità dei parenti e/o
affini entro il terzo grado del disabile ad assistere il loro congiunto, tanto
da non comprendere quali ulteriori elementi avrebbe dovuto fornire per provare
la sussistenza del requisito dell’esclusività.
Tale censura è
fondata.
2.2. Come già
osservato in numerosi precedenti della Sezione, l’esclusività nell’assistenza
rappresenta un requisito soggettivo espressamente prescritto dall’art. 20 della
legge n. 53/2000 per la concessione del beneficio del trasferimento di cui
all’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92.
Detto requisito
si identifica con l’”indisponibilità” soggettiva e/o oggettiva di altri parenti
ed affini entro il terzo grado a sopperire alle esigenze del disabile.
Tale
interpretazione, la quale appare rispettosa della tutela offerta dal
legislatore ai portatori di handicap in quanto meno rigorosa di quella
imponente l’ “inesistenza”, conduce alla conclusione
che l’esistenza di altri soggetti nelle vicinanze del disabile in posizione
fattuale non differenziabile da quella del dipendente che aspira al
trasferimento “fa venir meno la esclusività dell’opera assistenziale e dimostra
la possibilità di assistenza alternativa” (Consiglio di Giustizia
Amministrativa per
Tutto ciò
premesso, si ravvisano le condizioni per affermare che in capo al dipendente
grava l’obbligo di fornire una compiuta dimostrazione della sussistenza
dell’esclusività nell’assistenza, con la conseguenza che, nei casi in cui la
dimostrazione de qua risulta carente, il datore di lavoro è tenuto a negare il
trasferimento.
La dimostrazione
che i parenti ed affini dell’handicappato, pur se residenti nelle sue
vicinanze, non sono in grado di occuparsi dell’assistenza al disabile non può,
comunque, trovare attuazione per mezzo di semplici dichiarazioni di carattere
formale, attestanti impegni di vita di carattere ordinario e comune, bensì
necessita della produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo,
concernenti eventualmente anche stati psico-fisici connotati da una certa
gravità, idonei a giustificare l’indisponibilità sulla base di criteri di
ragionevolezza tali da concretizzare un’effettiva esimente da vincoli di
assistenza familiare, nel contemperamento delle posizioni dei soggetti interessati
(cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I quater, sent. n. 73
dell’8 gennaio 2008).
Il Collegio si
sente, pertanto, chiamato a valutazioni da effettuare caso per caso, al fine di
verificare se il diniego opposto dall’Amministrazione ad una domanda di trasferimento,
inoltrata ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104/92, sulla base della carenza
del requisito soggettivo dell’esclusività nell’assistenza sia o meno contrastante con il dato normativo, ossia trovi
effettiva e concreta rispondenza nella situazione rappresentata dal dipendente.
2.3. Ciò detto,
va rilevato che, dalla documentazione prodotta a supporto della domanda di
riesame dell’istanza di trasferimento, risulta che il ricorrente - a riprova
della sussistenza del requisito dell’esclusività nell’assistenza - ha fornito
una dichiarazione, dal medesimo sottoscritto nella consapevolezza “delle
sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni mendaci”, nella
quale attesta che l’unico familiare o affine entro il terzo grado
domiciliato vicino alla residenza del disabile è “
Orbene, la
situazione familiare di cui è stata evidenza - oltre ad apparire completa,
atteso che dall’esame sia degli allegati al ricorso che della memoria
dell’Amministrazione non emerge la presenza di ulteriori parenti e/o affini entro
il terzo grado - rivela condizioni tali da escludere che il disabile possa
essere adeguatamente assistito da persone diverse dal ricorrente.
In altri termini,
le dichiarazioni prodotte in allegato all’istanza di riesame appaiono idonee a
supportare in concreto lo stato di indisponibilità di altri parenti ed affini
entro il terzo grado e, dunque, valevoli per rappresentare - sotto il profilo
in trattazione - una situazione conforme alla fattispecie tutelata dalla
normativa in esame.
In ragione del
quadro probatorio sopra sintetizzato, il Collegio ritiene che il provvedimento
impugnato non sia rispondente alle circostanze documentate dall’interessato,
tanto più ove si consideri che, a fronte della formulazione di una motivazione
particolarmente generica, l’Amministrazione - regolarmente costituita in
giudizio - si è del tutto astenuta dal fornire elementi integrativi, atti a
rappresentare - mediante riferimenti concreti - le ragioni alla base della
conferma della precedente determinazione.
In tale situazione,
il Collegio riscontra l’illegittimità della pronuncia negativa
dell’Amministrazione, sotto il profilo della violazione dell’art. 33, comma 5,
della legge n. 104/1992 e dell’art. 20 della legge n. 53/00.
3. Tanto appare
sufficiente per l’accoglimento del ricorso, sicché le ulteriori censure
formulate sono assorbite.
Le spese di
giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del ricorrente in €
1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione I quater
accoglie il ricorso n. 9629/2008 e, per l’effetto, annulla il provvedimento prot. n. 0236318-2008, reso dal Direttore Generale del
Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria del Ministero della Giustizia in data 7 luglio 2008.
Condanna il
Ministero della Giustizia al pagamento delle spese di giudizio, liquidate a
favore del ricorrente in € 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Depositata in Cancelleria
il 13.02.2009