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CHIEDETE SCUSA A
BEPPINO ENGLARO...
una
riflessione di Roberto Saviano
DA
ITALIANO sento solo la necessità di sperare che il mio paese chieda scusa a Beppino Englaro. Scusa perché si
è dimostrato, agli occhi del mondo, un paese crudele, incapace di capire la
sofferenza di un uomo e di una donna malata. Scusa perché si è messo a urlare,
e accusare, facendo il tifo per una parte e per l'altra, senza che vi fossero
parti da difendere.
Qui non
si tratta di essere per la vita o per
Senza
dubbio chi non condivide la posizione di Beppino (e
quella che Eluana innegabilmente aveva espresso in
vita) aveva il diritto e, imposto dalla propria coscienza, il dovere di
manifestare la contrarietà a interrompere un'alimentazione e un'idratazione che
per anni sono avvenute attraverso un sondino. Ma la battaglia doveva essere
fatta sulla coscienza e non cercando in ogni modo di interferire con una
decisione sulla quale la magistratura si stava interrogando da tempo.
Beppino
ha chiesto alla legge e la legge, dopo anni di appelli e ricorsi, gli ha
confermato che ciò che chiedeva era un suo diritto. È bastato questo per
innescare rabbia e odio nei suoi confronti? Ma la carità cristiana è quella che
lo fa chiamare assassino? Dalla storia cristiana ho imparato a riconoscere il
dolore altrui prima d'ogni cosa. E a capirlo e sentirlo nella propria carne. E
invece qualcuno che nulla sa del dolore per una figlia immobile in un letto,
paragona Beppino al "Conte Ugolino" che per
fame divora i propri figli? E osano dire queste porcherie in nome di un credo
religioso. Ma non è così. Io conosco una chiesa che è l'unica a operare nei
territori più difficili, vicina alle situazioni più disperate, unica che dà
dignità di vita ai migranti, a chi è ignorato dalle istituzioni, a chi non
riesce a galleggiare in questa crisi. Unica nel dare cibo e nell'essere
presente verso chi da nessuno troverebbe ascolto. I padri comboniani e la
comunità di sant'Egidio, il cardinale Crescenzio Sepe e il cardinale
Conosco
questa storia cristiana. Non quella dell'accusa a un padre inerme che dalla sua
ha solo l'arma del diritto. Beppino per rispetto a
sua figlia ha diffuso foto di Eluana sorridente e
bellissima, proprio per ricordarla in vita, ma poteva mostrare il viso
deformato - smunto? Gonfio? - le orecchie divenute callose e la bava che cola, un corpo senza espressione e senza capelli. Ma non voleva
vincere con la forza del ricatto dell'immagine, gli bastava la forza di quel
diritto che permette all'essere umano, in quanto tale, di poter decidere del
proprio destino. A chi pretende di crearsi credito con la chiesa ostentando
vicinanza a Eluana chiedo, dov'era quando la chiesa
tuonava contro la guerra in Iraq? E dov'è quando la chiesa chiede umanità e
rispetto per i migranti stipati tra Lampedusa e gli abissi del Mediterraneo.
Dove, quando la chiesa in certi territori, unica voce di resistenza, pretende
un intervento decisivo per il Sud e contro le mafie.
Sarebbe
bello poter chiedere ai cristiani di tutta Italia di non credere a chi soltanto
si sente di speculare su dibattiti dove non si deve dimostrare nulla nei fatti,
ma solo parteggiare. Quello che in questi giorni è mancato, come sempre, è
stata la capacità di percepire il dolore. Il dolore di un padre. Il dolore di
una famiglia. Il "dolore" di una donna immobile da anni e in una
condizione irreversibile, che aveva lasciato a suo padre una volontà. E persone
che neanche la conoscevano e che non conoscono Beppino,
ora, quella volontà mettono in dubbio. E poco o nullo rispetto del diritto.
Anche quando questo diritto non lo si considera condiviso dalla propria morale,
e proprio perché è un diritto lo si può esercitare o meno.
È questa la meraviglia della democrazia. Capisco la volontà di spingere le
persone o di cercare di convincerle a non usufruire di quel diritto, ma non a
negare il diritto stesso. Lo spettacolo che di sé ha dato l'Italia nel mondo è
quello di un paese che ha speculato sull'ennesima vicenda.
Molti
politici hanno, ancora una volta, usato il caso Englaro
per cercare di aggregare consenso e distrarre l'opinione pubblica, in un paese
che è messo in ginocchio dalla crisi, e dove la crisi sta permettendo ai
capitali criminali di divorare le banche, dove gli stipendi sono bloccati e non
sembra esserci soluzione. Ma questa è un'altra storia. E proprio in un momento
di crisi, di frasi scontate, di poco rispetto, Beppino
Englaro ha dato forza e senso alle istituzioni
italiane e alla possibilità che un cittadino del nostro Paese, nonostante
tutto, possa ancora sperare nelle leggi e nella giustizia. Sarebbe bello se
l'epilogo di questa storia dolorosa potesse essere che in Italia, domani,
grazie alla battaglia pacifica di Beppino Englaro, ciascuno potesse decidere se, in caso di stato
neurovegetativo, farsi tenere in vita per decenni dalle macchine o scegliere la
propria fine senza emigrare. È questa l'Italia del diritto e dell'empatia - di
cui si è già parlato - che permette di rispettare e comprendere anche scelte
diverse dalle proprie, un'Italia in cui sarebbe bellissimo riconoscersi.