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Centro per i diritti del malato e per il diritto alla salute |
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Pubblichiamo
volentieri questo intervento che fa giustizia di tante stupidaggini che vengono dette
e fatte ogni giorno sul
Servizio Sanitario Nazionale compromettendolo
IN DIFESA DELLA SALUTE
Le frequenti notizie di stampa
riguardanti la salute sono per lo più preoccupanti.
Episodi di «malasanità» mettono
in ombra la vasta area di «buonasanità» offerta dal
Servizio Sanitario Nazionale italiano. La massima sensibilità rispetto a tutto
ciò che riguarda la salute è comprensibile, ma può in proposito essere utile
qualche osservazione generale. Lo Stato sociale europeo e in particolare quello
italiano ha ormai radici tanto forti che l’accumularsi
nel tempo di diritti assicurati dalle leggi non rappresenta più soltanto un
dato legislativo, contingente e mutevole nel tempo. Un alto livello di
sicurezza sociale è ormai acquisito come naturale e irretrattabile.
In particolare per la salute ogni insufficienza e ogni arretramento nel
servizio pubblico sono vissuti come un diniego di giustizia. Il servizio
pubblico sanitario si ritiene debba essere non solo tendenzialmente totale, ma
anche gratuito, cosicché l’introduzione o l’aumento dei ticket non è questione
che rinvia a scelte politiche, come tali discusse, ma lede diritti. Si tratta
di una cultura e di una civiltà che distingue l’Italia e larga parte d’Europa,
ma che è lontana dall’essere universale. Basta pensare alla battaglia politica,
ancora in corso negli Stati Uniti, per l’introduzione di un sistema di
assicurazione generalizzata in materia sanitaria, ove gli interessi economici
coinvolti fanno leva su radicati contrasti culturali in
ordine al ruolo della società e dello Stato rispetto all’individuo.
Nella Costituzione italiana la
tutela della salute è riconosciuta come diritto fondamentale dell’individuo e
come interesse della società. Si tratta dell’unico diritto della persona che la
Costituzione qualifica come fondamentale. E’ un diritto i cui contenuti sono in
certa misura indefiniti e mobili. Essi si arricchiscono con lo sviluppo della
ricerca medica e l’aumento delle terapie a disposizione dell’umanità; essi però si riducono quando le risorse economiche pubbliche
scarseggiano. Il Comitato delle Nazioni Unite responsabile
della vigilanza sull’attuazione del Patto internazionale dei diritti economici
e sociali (1966), definendo la portata del diritto alla salute come il «diritto
alle migliori condizioni di salute fisica e mentale raggiungibili», ha tra
l’altro affermato che esso implica il dovere degli Stati, una volta raggiunto
un certo livello di garanzia della salute, di non arretrare. Si tratta di
orientamento che appoggia la resistenza, oggi evidente in molti Paesi, alla
diminuzione dei servizi sanitari come conseguenza di tagli alle risorse
pubbliche ad essi destinate. Una resistenza che si
manifesta in Italia, ma anche in Portogallo, Spagna, Francia e riguarda, senza
le necessarie distinzioni, sia la vera eliminazione di servizi, sia le
modifiche organizzative o gestionali dirette a
diversamente utilizzare le risorse disponibili. In proposito il primo che viene
in mente è il tema della geografia della medicina di
prossimità e dell’articolazione sul territorio dei diversi livelli
dell’intervento medico. Ad esso si riferiscono sia
l’impianto del recente Piano della Regione Piemonte sia l’annunciato progetto
del Ministro della Salute Balduzzi sul ruolo e l’
I provvedimenti conseguenti alla
c.d. «spending review»
promettono meno risorse economiche anche nel settore sanitario. Ma il ministro
Grilli, pochi giorni orsono, rispondendo ad una
interrogazione parlamentare, ha assicurato che la revisione della spesa
sanitaria garantisce economie di spesa, senza alcuna incidenza negativa sul
livello qualitativo e quantitativo dei servizi erogati ai cittadini.
C’è da chiedersi come questo sia
possibile, quando si considerino le riduzioni delle risorse di origine statale
insieme a quelle regionali. E’ probabile che
l’effettiva erogazione dei servizi subisca una diminuzione o un rallentamento.
La disponibilità teorica può non mutare, ma le liste di attesa si allungano (e
cresce il ricorso alla sanità privata). La riduzione dei finanziamenti
all’attività del privato sociale –spesso decisiva per rendere effettivo
l’accesso alle cure - lascia intatti apparentemente il ruolo e l’ampiezza del
servizio pubblico, che però diventa meno fruibile da parte di fasce sociali
deboli e particolarmente vulnerabili. Con ciò si vuol dire che il termine
«tagli» può condurre a equivoci e a nascondimenti
della realtà. Sul piano formale si può negare che il «taglio» sia stato
apportato, anche se c’è chi nella realtà lo patisce. La trasparenza in materia
è molto importante, sia perché assicura la corretta informazione della
cittadinanza, sia perché riporta la responsabilità delle scelte nel luogo
istituzionale proprio, sia esso il governo nazionale o quello regionale. Se
sono necessarie riduzioni nei servizi offerti in materia sanitaria, le scelte
da fare richiedono partecipazione e chiarezza, secondo criteri di priorità
razionali e non discriminatori. Partecipazione al processo decisionale,
pubblicità delle scelte effettuate, non discriminazione nei loro effetti, sono
criteri sottolineati da tutte le organizzazioni internazionali, come il già
ricordato Comitato economicosociale delle Nazioni
Unite e l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Merita uno speciale richiamo la regola della non discriminazione. Essa non vieta
soltanto le dirette esclusioni di parte della popolazione dall’accesso ai
servizi di prevenzione e di cura (per ragioni di
razza, sesso, religione, origine, condizione economica o sociale, ecc.). Essa
riguarda anche la più insidiosa discriminazione indiretta, quella che fa pesare di fatto su gruppi della popolazione le loro
caratteristiche o debolezze, che non riguardano lo stato di salute, ma che
incidono sulla possibilità di avvalersi dei benefici che sono a disposizione
della generalità. Gli esempi sono facili. Il più evidente è quello che riguarda
la c.d. accessibilità economica del servizio sanitario, legata alla
sostenibilità del relativo costo. Ma l’elenco degli
esempi è lungo. Se il luogo in cui è fornito il servizio sanitario viene allontanato, senza prevedere mezzi di trasporto adatti
a chi, per salute, età o altro non ne dispone, una misura che sembra neutra si
traduce in una discriminazione indiretta. La complessità delle procedure
amministrative da seguire per accedere al servizio, se non accompagnata da una
sufficiente e capillare informazione, finisce con l’escludere chi, per la non
conoscenza della lingua o per altro, si perde tra gli uffici e gli sportelli,
che pure – apparentemente - gli sono aperti.
Il discorso può allungarsi, ma
ciò che emerge è la necessità di evitare i «tagli lineari» e di discutere
invece e stabilire criteri e priorità, nel disegnare l’area coperta dal
servizio pubblico e nello stabilirne l’accessibilità e il costo per gli utenti.
Altra cosa è la lotta agli
sprechi e alla corruzione. Una lotta che è da appoggiare senza riserve. Essa sì
può ridurre i costi complessivi a carico dello Stato e delle Regioni, senza
diminuire l’ampiezza del diritto alla salute di tutte le persone.
Gustavo Zagrebelski
La Stampa 26 luglio 2012